a cura di:
Viviana Gravano
Giulia Grechi
Immaginari (post)coloniali intende realizzare un grande archivio condiviso, formato da quei materiali conservati nelle case degli italiani, che testimoniano di quella lunga e tutt’altro che insignificante fase coloniale della quale l’Italia è stata protagonista.
In alcuni paesi dell’Europa, tra negazionismi e riscoperte, è da tempo in atto un acceso dibattito che tenta di affrontare il tema del proprio passato coloniale, discutendo la formazione di una cultura imperialista nei diversi contesti specifici. La storia dell’Italia e la coscienza degli italiani sembrano invece aver quasi totalmente dimenticato il proprio periodo coloniale e tale “dimenticanza” ha prodotto una sorta di rimozione collettiva, rendendo oscura la relazione tra gli immaginari passati e quelli del presente, legati alla strisciante cultura razzista diffusa nel nostro paese. Il senso del prefisso “post” che compare nel titolo del progetto non riguarda, infatti, solo il superamento di eventi storici passati, ma ha un implicito rimando al presente.
Uno degli obiettivi di questo progetto è collocare il Post-coloniale nell’oggi: nella relazione degli italiani con i migranti che vivono nelle nostre città, che lavorano nelle nostre campagne e nelle nostre aziende, nella relazione con gli altri paesi del Mediterraneo, nostre ex colonie (si pensi alla relazione tra l’Italia e la Libia di Gheddafi, fino a qualche tempo fa, ma anche ai rifugiati oggi in fuga da Eritrea e Somalia) o ex colonie di altri paesi europei. In Italia la colonizzazione non è iniziata con il periodo fascista, ma è stata un processo determinante per la formazione dello stato nazionale fina dalla sua prima fondazione, poco dopo la metà dell’Ottocento. In questo senso l’esperienza italiana è fortemente connessa con le esperienze coloniali degli altri paesi Europei, tese a costruire un “carattere nazionale” anche attraverso la formazione di un impero. Il progetto intende dunque mettere in relazione il periodo coloniale italiano con quello degli altri paesi europei, coinvolgendo anche i paesi ex-colonie, costruendo una trama che articoli le relazioni tutt’altro che lineari tra la “Storia” e le memorie private, tra narrazione istituzionale e micro-storie personali.
Il progetto, prevede tre fasi di realizzazione: una fase di raccolta e acquisizione dei materiali a livello nazionale, che si estenderà poi alle ex colonie, accompagnata da una catalogazione dei materiali stessi attraverso una scheda redatta appositamente per il progetto; la realizzazione di un sito internet in cui conservare e rendere il catalogo liberamente fruibile a tutti; il coinvolgimento di artisti provenienti da tutte le discipline che lavorino sui materiali acquisiti.
Immaginari (post)coloniali intende costruire una sorta di archivio ‘affettivo’, condiviso del colonialismo italiano. Attraverso una open call, i cittadini italiani saranno invitati a inviarci le loro memorie coloniali (foto, cartoline, lettere, piccoli oggetti), che saranno digitalizzate e poi restituite. Ogni oggetto entrerà nell’archivio con la propria immagine e una scheda sperimentale, che spingeremo oltre la sua classica funzione: ogni scheda accoglierà l’eventuale racconto che il proprietario dell’oggetto vorrà condividere. Immaginiamo la scheda non tanto come un dispositivo quantitativo di controllo, ma come un piccolo componimento, una narrazione. In questo senso, l’interesse per l’oggetto va oltre l’oggetto stesso e si appunta sulle storie che esso racconta, sulla biografia di cui è portatore. Non si tratta perciò di costruire un museo di oggetti, ma un archivio di storie. Un archivio che non vuole essere un innocuo deposito, ma un dispositivo vivo, una piattaforma aperta: i materiali e le storie dell’archivio saranno messi a disposizione di studiosi, artisti contemporanei, performer, musicisti, scrittori, che saranno invitati di volta in volta a confrontarsi con i materiali dell’archivio per produrre lavori ad hoc. Le installazioni, le performance, i lavori sonori, i video e tutte le opere prodotte, oltre a trovare posto nell’archivio stesso, saranno esposte in eventi pubblici, che attiveranno a loro volta altre progettualità (workshop nelle scuole, ad esempio, dove gli artisti lavoreranno sui materiali d’archivio con gli studenti, oppure corsi di formazione, convegni). Questo andirivieni continuo di (ri)produzione delle tracce e delle narrazioni dell’archivio trova senso proprio nella sua processualità: nell’operato dell’arte più che nell’opera finale, nel procedere di un’interrogazione, nel disseminare una serie di questioni, non nel fissare o pacificare una memoria, ma nel favorire un processo di emersione delle ambiguità, delle conflittualità e delle emozioni contraddittorie legate a questo passato coloniale, che fa fatica a passare e che agisce con forza maldestra e violenta sul presente.
Immaginari (post)coloniali è stato presentato a Roma nell’autunno 2014 durante Presente Imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei, una serie di appuntamenti sulle tematiche del progetto che si è sviluppata in diverse direzioni: due giorni d’incontri aperti con ricercatori appartenenti a differenti ambiti disciplinari, performance e proiezioni video, un corso di formazione per insegnanti e un workshop di graphic novel.
La documentazione di queste due giornate è raccolta nel volume Presente Imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei (Mimesis, 2016), che contiene i saggi dei relatori e degli artisti coinvolti.